ELEZIONI IRANIANE E STATO DI DIRITTO. L’OPINIONE DI GIULIO TERZI

Giulio Terzi: “Le elezioni in Iran non fermeranno le ambizioni terroristiche del regime”

Articolo di Domenico Letizia per notiziegeopolitiche.net del 26 maggio 2017

Hassan Rohani è stato riconfermato presidente dell’Iran con 23,5 milioni di voti a favore (53,3%), mentre allo sfidante Raisi sono andate 15,8 milioni di preferenze (38,5%). Per comprendere a fondo le prospettive future dell’Iran e la disinformazione che regna intorno a tutto ciò che riguarda i rapporti con tale paese, si è recentemente svolta una conferenza presso la Camera alla quale hanno partecipato Daniele Capezzone, Lucio Malan, l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata, Elisabetta Zamparutti (“Nessuno Tocchi Caino”) e Feisal al-Mohamad, dell’associazione Siria libera e democratica.

A margine dell’incontro l’ambasciatore Giulio Terzi, già ministro degli Esteri ed oggi presidente del Global Committee For The Rule of Law, ha spiegato a Notizie Geopolitiche che in merito alla situazione generale dei diritti civili in Iran 

“la riconferma del “moderato e riformista” Rohani alla presidenza della Repubblica Islamica cambierà poco la vera natura di un regime teocratico tristemente noto per le violenze perpetrate verso il proprio stesso popolo, per la visione messianica e dominatrice sull’intera regione e nemico delle più fondamentali libertà e dei diritti umani. Nonostante l’Accordo sul nucleare raggiunto sotto la presidenza Rohani e salutato come un primo gradino verso la normalizzazione dei rapporti politici ed economici con l’occidente, l’Iran è tutt’altro che un nuovo “Eldorado”, come da più parti è stato voluto far credere. Le possibilità di ingenti guadagni nel mercato iraniano sono minate alla base da una corruzione dilagante e da un diffuso “nepotismo” all’interno del sistema economico—politico. Le stesse priorità del regime la costante ingerenza negli affari interni dei Paesi confinanti lasciano poche risorse da destinare allo sviluppo economico. Ampi settori dell’economia di Teheran sono sotto il controllo delle Guardie della Rivoluzione Islamica, i Pasdaran. Ciò che dovrebbe essere sempre messo in risalto quando si parla di relazioni economiche con Teheran è che facendo affari con l’Iran, direttamente e non, si contribuisce al mantenere in vita un regime dispotico, in netto contrasto con i principi ed i valori fondanti il mondo occidentale ed i propri interessi nazionali.
Ad onor di cronaca, desidero ricordare che queste sono tutte preoccupazioni già raccolte in una lettera che lo scorso settembre, assieme ad alcuni parlamentari italiani, è stata indirizzata al presidente della Repubblica e agli allora presidente del Consiglio e ministero degli Esteri senza però poterne ancora constatare una presa di coscienza nei rapporti con Teheran.
Ed è proprio notizia di queste ultime ore che il governo italiano, in risposta ad un’interrogazione parlamentare presentata lo scorso dicembre alla Camera da Daniele Capezzone a seguito di una multa di 235 milioni di dollari comminata dall’autorità finanziaria dello Stato di New York nei confronti di Banca Intesa Sanpaolo per violazioni alle normative anti-riciclaggio, ha dovuto ammettere l’esistenza, nonostante la graduale eliminazione sancita dall’Accordo sul nucleare, di regimi sanzionatori che possono in qualsiasi momento rappresentare un duro colpo alle nostre aziende qualora decidano di entrare nell’economia iraniana.
Particolare attenzione bisogna riservare, quindi, alla questione del “business risk”: desidero segnalare, a questo proposito, che centinaia di lettere sono state inviate dall’organizzazione “United Against a Nuclear Iran UANI” con lo scopo di mettere in guardia le aziende sui rischi derivanti dagli investimenti condotti in Iran, in particolare sul pericolo che le relative somme cadano nelle mani dei Pasdaran o Hezbollah. È importante citare il segretario generale di Hezbollah, Hassan Nasrallah, che ha affermato nel giugno scorso, in occasione della decisione del FATF sull’eventuale sospensione delle contromisure obbligatorie per l’Iran, che “siamo aperti al fatto che il bilancio di Hezbollah, i suoi redditi e le sue spese, tutto ciò che mangia e beve, le sue armi e razzi, provengono dalla Repubblica Islamica dell’Iran”
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– L’onorevole Daniele Capezzone ha ricordato che ogni volta che trattiamo di Iran, trattiamo di un regime e con tale approccio vanno analizzate le elezioni iraniane. Elezioni “pilotate” in un regime non democratico. Cosa è accaduto in Iran durante lo svolgersi di questa campagna elettorale?

“La campagna elettorale ha raggiunto dei toni molto accesi tra i due principali candidati, entrambi esponenti della classe clericale del Paese, con pesanti scambi d’accuse tra il “moderato” Rohani e il “conservatore” Raisi, con un aperto schieramento verso quest’ultimo da parte della Guida Suprema Ali Khamenei. Il candidato Rohani ha provato persino ad ammonire i “poteri forti” di lasciar compiere il processo elettorale rispettando la volontà popolare, ma ha dovuto operare un rapidissimo dietro-front non appena Khamenei ha fatto sentire la sua voce. Si è persino lanciato in accuse verso il principale avversario, Raisi, facendo leva sul suo coinvolgimento diretto nei massacri del 1988, pur dimenticando che nel proprio esecutivo brillavano, per così dire, personaggi di spicco di quella repressione sanguinaria. Il pensiero va al ministro della Giustizia, Mostafa Pour-Mohammadi, membro all’epoca dei fatti della cosiddetta “Commissione della Morte”, costituita per dare esecuzione alla “fatwa” dell’Ayatollah Khomeini, e mai pentito del suo operato.
A tal proposito è utile però notare come durante il periodo pre-elettorale una parte ampia dell’opinione pubblica abbia dato risalto alle responsabilità delle fazioni in gare, per gli ignobili massacri compiuti nel 1988 nei confronti degli oppositori al regime. Lo slogan “No agli impostori, No ai carnefici” è stato diffuso largamente in tutto il Paese da coloro che chiedono ancora giustizia per quei tremendi accadimenti, nonostante le repressioni che ancora durano oggi”
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– L’Iran resta al centro delle peggiori vicende mediorientali, non dimentichiamo il suo coinvolgimento in Siria, e resta inalterata la volontà di voler cancellare lo stato di Israele. Come possiamo reagire al negazionismo delle autorità iraniane?

“Una dichiarazione d’intenti in tal senso è stata illustrata dal presidente Donald Trump nel corso delle visite di questi ultimi giorni in Arabia Saudita e in Israele. Innanzitutto è stato sancito il ritorno degli Usa ad occuparsi delle questioni mediorientali. In secondo luogo Trump ha espresso la necessità di un Iran che sia partner costruttivo per la stabilità nella regione, che rispetti non solo i dettami dell’Accordo sul nucleare firmato nel 2015, ma anche lo spirito che esso racchiude. I fatti però dimostrano che la teocrazia islamica di Teheran, iscritta ancora oggi nelle liste degli Stati sponsor del terrorismo internazionale, insista nello sviluppo di un proprio programma missilistico, nonostante il divieto espresso in alcune Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, e nella prosecuzione di un’attività di destabilizzazione dell’intera regione, con riferimento in particolare al supporto fornito al regime di Bashar al-Assad in Siria, ai ribelli in Yemen, alle milizie sciite in Iraq e Libano. A titolo di esempio, lo scorso 17 maggio l’amministrazione Usa ha concesso la proroga per un ulteriore alleggerimento delle sanzioni connesse al nucleare, come previsto nei dettami dell’Accordo del 2015, sancendo in questo modo, almeno per ora, la volontà di mantenere in vita quel Trattato nonostante il forte scetticismo che ha sempre caratterizzato la presidenza Trump, sin dalla campagna elettorale. Allo stesso tempo però il Dipartimento del Tesoro Usa ha annunciato l’inserimento nelle liste OFAC di alcuni individui ed entità legate alla Difesa iraniana (alcune persino di nazionalità cinese) dopo averne accertato il coinvolgimento in azioni mirate al reperimento di materiali utili alla costruzione di missili balistici, a riconferma quindi che l’Iran persiste nel proprio progetto egemonico della regione in pieno disaccordo con lo “spirito” dell’Accordo. Sarebbe opportuno che anche l’Unione Europea e in particolare l’Italia operino una profonda riconsiderazione delle politiche che ispirano i rapporti con l’Iran”.

– Elisabetta Zamparutti di Nessuno tocchi Caino si è soffermata sulla farsa che vede una stampa italiana aver rappresentato le elezioni iraniane come realmente democratiche e competitive senza ricordare che ogni candidato non è altro che l’espressione dell’Ayatollah, la Guida Suprema. Che rapporto possiamo costatare in Italia e in Europa tra informazione, stampa e diritto alla conoscenza anche sull’attualità politica e sociologica in Iran?

“Il rapporto 2016 di Freedom House rileva che il mondo è afflitto da crisi che hanno alimentato anche nei paesi democratici sentimenti xenofobi, minato le economie dipendenti dalle risorse naturali, sospinto i regimi autoritari a reprimere la dissidenza. Questi sviluppi hanno contribuito, sottolinea Freedom House, per il decimo anno consecutivo al declino della libertà a livello globale. Nell’ultimo anno si è avuto un declino della libertà in 72 Paesi, il numero più alto mai registrato da un decennio. Solo in 42 vi sono stati miglioramenti. Su un arco decennale, 105 Paesi sono regrediti nettamente, e 61 sono migliorati. Medio Oriente e Nord Africa, seguiti dall’Asia e da parte dell’Europa, sono i raggruppamenti regionali che danno le maggiori preoccupazioni. Pesanti arretramenti a livello globale si sono verificati nell’intero decennio 2006-2015 nella libertà di espressione e di informazione, centrali nel Diritto alla Conoscenza. In Italia, e non solo, regna una disinformazione accecante per quanto riguarda ciò che accade in Iran e l’opinione pubblica necessita di conoscere la sostanziale violazione dei diritti umani di cui è protagonista la Repubblica Islamica, la vertenza internazionale per l’affermazione del diritto umano alla conoscenza è una priorità politica della contemporaneità per la sua portata storica”.

– Rohani si troverà di fronte non solo Khamenei, ma soprattutto tutto l’apparato dello “Stato profondo” che in 40 anni di rivoluzione islamica e di mobilitazione permanente è riuscito a fare grandi affari. Cosa aspettarsi nell’immediato dal presidente Iraniano?

“Le elezioni presidenziali iraniane sono state interpretate come un referendum sul mandato appena concluso di Rohani. Il secondo mandato rischia di acuire i dissidi interni al regime, sociali in generale. Rohani ha portato solo ulteriori repressioni, esecuzioni, povertà e ingiustizie durante la sua presidenza negli ultimi quattro anni. I fondi ottenuti a seguito dell’accordo nucleare sono stati usati per alimentare le guerre nella regione e aumentare la spesa militare e di sicurezza. Il ministro della Difesa di Rohani, il generale di brigata Hossein Dehghan appartenente alle Guardie Rivoluzionarie, in alcune dichiarazioni rese nelle settimane scorse ha descritto il primo mandato di Rohani come “il periodo più glorioso nello sviluppo dei programmi missilistici e difensivi del paese in termini sia di quantità che di qualità”. Sicuramente le politiche di repressione verso il proprio popolo, la drammatica situazione dei diritti umani, la visione messianica del regime nella regione non si arresteranno”.

– Il portavoce dell’Associazione Siria Libera e democratica, al-Mohamad Feisal si è soffermato sui rapporti tra Iran e Siria. L’alleanza con la Siria di Bashar al-Assad è una costante storica e un partenariato strategico dal 1979, anno del defenestramento della dinastia Pahlavi. È una relazione privilegiata, che ruota intorno a tre fattori: l’ostilità verso Israele, il contro-bilanciamento dell’influenza occidentale in Medio Oriente e il contenimento del sunnismo revanscista. al-Mohamad Feisal ha chiaramente affermato che la Siria è sotto occupazione dell’esercito iraniano. Che ruolo gioca l’Iran nel conflitto siriano?

“Per comprendere al meglio il ruolo giocato dall’Iran nel conflitto siriano, è utile riportare le dichiarazioni che il rappresentante permanente degli Stati Uniti, Nikki Haley, ha reso alla fine di aprile sul Medio Oriente nel corso del periodico incontro in seno al Consiglio di Sicurezza Onu. L’ambasciatore Haley ha affermato che per avere una discussione proficua sulle pressanti minacce e sui fattori che causano conflitti in tutta la regione, il Consiglio di Sicurezza dovrebbe ammettere apertamente che l’Iran e Hezbollah cospirano insieme per destabilizzare il Medio Oriente. Da decenni responsabili di atti terroristici in tutta la regione, ora sostengono la brutalità di Bashar al-Assad (si stima che l’Iran abbia tra 106.000 e 108.000 soldati mobilitati in Siria) combattendo insieme alle sue truppe; addestrano milizie in Iraq e i ribelli Houthi in Yemen. L’ambasciatore Haley ha dichiarato inoltre che “Hezbollah è un gruppo terroristico che diffonde la sua influenza in Medio Oriente con il sostegno di uno Stato sponsor. L’Iran sta usando Hezbollah per aumentare le sue aspirazioni regionali. Stanno lavorando insieme per diffondere ideologie estremiste in Medio Oriente. Questa è una minaccia che dovrebbe il focus della nostra discussione in questo CdS. Gli Stati Uniti non aspetteranno oltre per rispondere. Abbiamo imposto sanzioni mirate alla Guardia Rivoluzionaria Islamica Iraniana e al suo ministero dell’Intelligence per il loro sostegno al regime di al-Assad. Abbiamo recentemente designato per sanzioni membri di organizzazioni terroristiche sostenute dall’Iran in Bahrein. L’Iran resta un Paese sponsor del terrorismo e di attività destabilizzanti nell’intera regione, per questo le sanzioni rimangono attive. Gli Stati Uniti lavoreranno ancora di più con i propri partner e con gli alleati per ostacolare il sostegno dell’Iran al terrorismo”.

©2024 Giulio Terzi

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