Di Maio incontra il ministro degli Esteri cinese, i parlamentari alzano la voce su Hong Kong

Di Maio incontra il ministro degli Esteri cinese, i parlamentari alzano la voce su Hong Kong

articolo di Marco D’Ippolito per Epoch Times del 20 agosto 2020

Nella mattinata del 25 agosto, il ministro degli Esteri Luigi Di Maio ha ricevuto l’omologo cinese Wang Yi, in quella che è stata la prima tappa della missione europea del Dragone, finalizzata a rafforzare le relazioni diplomatiche con i Paesi dell’Unione Europea dopo i cambiamenti catalizzati dalla pandemia di coronavirus.

Per l’occasione, e dal campo avversario, è arrivato a Roma anche l’attivista per la democrazia di Hong Kong Nathan Law, che alle ore 11.00 di martedì ha tenuto una conferenza stampa fuori dal Ministero con vari parlamentari italiani per chiedere a Di Maio una posizione chiara in merito ad Hong Kong e alle gravi violazioni dei diritti umani attualmente in corso in Cina.

Anche i due ministri, poi, hanno tenuto una conferenza stampa, con un numero limitato di giornalisti, durante la quale l’italiano ha ribadito che «le alleanze e la collocazione geopolitica dell’Italia non variano. Sono ben salde e più forti che mai», ma ha anche specificato che «la Cina rappresenta indubbiamente uno dei nostri principali partner e non si può dimenticare che ormai è un attore ineludibile per affrontare qualsiasi scenario internazionale».

Inoltre, forse proprio in risposta all’appello di Nathan Law e dei parlamentari italiani, Di Maio ha dichiarato che a Hong Kong «è indispensabile preservare l’alto grado di autonomia e libertà – precisando: – Seguiremo con molta attenzione i risvolti della nuova legge sulla sicurezza nazionale».

Wang Yi, dal canto suo, ha sottolineato ripetutamente la necessita di scongiurare il pericolo di una «guerra fredda» internazionale e di proseguire sul sentiero della globalizzazione e del multilateralismo. Mentre non è stato rilasciato nessun commento sulla scottante questione del 5G e di Huawei, come neanche sul tema delle violazioni dei diritti umani nella Cina continentale.

Il Ministro degli Esteri italiano Luigi Di Maio e il Ministro degli Esteri cinese Wang Yi si salutano con il gomito al termine della loro conferenza stampa presso la prestigiosa Villa Madama di Roma, il 25 agosto 2020. (Reuters TV)

L’attivista Nathan Law, costretto all’esilio proprio dalla nuova legge sulla sicurezza nazionale, ha aperto il suo discorso davanti alla Farnesina affermando: «Il messaggio che porto è molto chiaro: dobbiamo affrontare il tema delle violazioni dei diritti umani in Cina anche quando ci incontriamo con loro, e dobbiamo essere molto consapevoli dell’infiltrazione e della natura autoritaria ed espansionistica» del regime. Durante la conferenza stampa sono intervenuti anche il senatore Lucio Malan, l’onorevole Federico Mollicone, l’ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata e la rappresentante presso l’Onu del Partito Radicale Laura Harth, che oltre a esprimere solidarietà e preoccupazione per la situazione a Hong Kong e per le violazioni dei diritti umani in Cina, hanno toccato il tema della sicurezza informatica, con particolari riferimenti al 5G di Huawei.

.@nathanlawkc speaking to assembled press outside the Italian Foreign Ministry where China’s foreign minister Wang Yi is currently meeting Italian officials. #StandTogether pic.twitter.com/YSIIO7S5Tj

— Inter-Parliamentary Alliance on China (@ipacglobal) August 25, 2020

Contemporaneamente, alle spalle del Ministero degli Esteri, nella mattinata si è svolto un sit-in organizzato dai praticanti italiani della Falun Dafa per protestare contro la persecuzione di questa pacifica pratica di meditazione, nota anche come Falun Gong, che dal 1999 viene brutalmente repressa dal Partito Comunista Cinese.

Una foto del sit-in organizzato dai praticanti del Falun Gong al lato della Farnesina per chiedere la fine della persecuzione in Cina, nella mattinata del 25 agosto 2020. (Epoch Times)

I parlamentari italiani sostengono Hong Kong e il rispetto dei diritti umani

Il governo italiano recentemente sta affrontando forti critiche per via dei suoi stretti legami con il regime cinese.

In occasione dell’improvviso incontro con il ministro degli Esteri cinese, 18 parlamentari italiani di cinque partiti diversi hanno sottoscritto una lettera aperta indirizzata a Di Maio:
«Entrambe le camere del Parlamento italiano hanno chiaramente e ripetutamente condannato le azioni repressive di Pechino e delle autorità di Hong Kong che violano lo Stato di diritto, le libertà fondamentali, e gli accordi internazionali sul governo della regione autonoma. L’Italia ha l’obbligo di difendere gli accordi internazionali sui diritti umani, tra cui la Dichiarazione congiunta sino-britannica del 1984 che garantisce la libertà dei cittadini di Hong Kong. A quasi due mesi dall’imposizione della legge sulla sicurezza nazionale a Hong Kong, la situazione sta rapidamente deteriorando, con gravi implicazioni per i diritti e le libertà fondamentali dei cittadini di Hong Kong».

Il punto chiave è la nuova legge sulla sicurezza nazionale, entrata in vigore il 30 giugno, che proibisce in maniera ampiamente interpretabile qualsiasi atto di sovversione, secessione e collusione con forze straniere ai danni del regime del Partito Comunista Cinese (Pcc), con pene massime fino all’ergastolo.

Nella lettera aperta i parlamentari italiani scrivono: «Sosteniamo con fermezza Nathan nel suo appello e chiediamo che la Repubblica Italiana continui ad essere una voce a sostegno delle libertà, dell’autonomia e dello Stato di diritto di Hong Kong». Ed effettivamente, durante la conferenza stampa, Di Maio ha parlato apertamente di Hong Kong, un risultato che la rappresentante del Partito Radicale Laura Harth ha accolto con un post su Twitter come «eccellente e inaspettato».

Excellent and unexpected result in Italy today: FM Di Maio followed up on formal request by @nathanlawkc and 17 ???????? MPs representing 5 political parties, publicly calling upon his counterpart Wang Yi to guarantee #HongKong autonomy & freedoms. Definitely not the welcome????????envisaged pic.twitter.com/xLzKWiqXRS

— Laura Harth ???? (@LauraHarth) August 25, 2020

Durante la conferenza stampa, il senatore Lucio Malan ha posto l’enfasi sulla «questione dei diritti umani generale e rispetto alla legge sulla sicurezza di Hong Kong, che non dimentichiamo comporta anche la possibilità di perseguire dei cittadini né della Cina, né di Hong Kong, anche all’estero, per atti fatti all’estero, per cui è un fatto estremamente preoccupante».

Il senatore Lucio Malan parla ai giornalisti di fronte alla Farnesina, nella mattinata del 25 agosto 2020. (Epoch Times)

Tutti gli oratori hanno sottolineato la necessità di prendere saldamente posizione in difesa dei diritti umani in Cina, che dal 1949 (anno di fondazione della Repubblica Popolare Cinese) sono stati costantemente e ripetutamente violati dal Partito Comunista Cinese; secondo i Nove Commentari sul Pcc, infatti, «sotto il governo del Pcc sono stati uccisi tra i 60 e gli 80 milioni di cinesi innocenti, e innumerevoli famiglie sono state distrutte».

Per esempio, di recente la comunità internazionale sta prestando particolare attenzione alla persecuzione delle persone di etnia uigura nella regione cinese dello Xinjiang, dove le minoranze mussulmane sono diventate sempre più il bersaglio di una aggressiva campagna di rieducazione tramite il lavoro. Secondo le stime delle Nazioni Unite, oltre un milione di cittadini musulmani sarebbero attualmente detenuti nei cosiddetti campi di internamento, dove vengono torturati, ‘rieducati’ e costretti a giurare fedeltà al Partito comunista cinese, nel tentativo di far loro rinunciare alla propria religione.

L’onorevole Mollicone ha dichiarato: «Siamo qui proprio nello stesso giorno di questa visita ufficiale, segreta di fatto perché non nota neanche dal Parlamento, per ribadire che noi siamo con il popolo cinese e con il popolo di Hong Kong a difesa dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Cosa prevede questo? Prevede anche una ridiscussione della Via della Seta, i cui allegati tecnici sono ancora segretati e anche della cyber-security rispetto al 5G».

«Unirsi in difesa della democrazia»

Nella sua conferenza stampa, il giovane attivista Nathan Law ha chiesto all’Italia e alla comunità internazionale di sostenere la gente di Hong Kong: «Sono qui per chiedere alla comunità internazionale di stare dalla parte di Hong Kong e sostenere la lotta del popolo di Hong Kong, e anche di essere molto cosciente delle violazioni dei diritti umani in Cina continentale».

Inoltre l’attivista ha toccato alcuni aspetti fondamentali delle relazioni tra le democrazie occidentali e il regime di Pechino: «Dovremo essere molto coscienti che la Cina non affronterà queste questioni [le violazioni dei diritti umani, ndr] di sua volontà. L’occidente negli ultimi decenni ha adottato una politica di pace e di collaborazione, sperando che la Cina con la crescita economica si sarebbe aperta e democratizzata e che avrebbe posto fine alle violazioni dei diritti umani interne. Ma ora sappiamo che ci sbagliavamo. Perciò dobbiamo fargli presente, ogni volta che ci sono dei colloqui: ‘devi risolvere il problema delle violazioni dei diritti umani. Noi, le democrazie, siamo perfettamente consapevoli di queste [violazioni, ndr.] e comprendiamo che con il tuo espansionismo autoritario, questo regime autoritario finirà per danneggiare le democrazie’. Per questo esorto l’Italia e tutte le democrazie del mondo a unirsi in difesa della democrazia prima che sia troppo tardi, a salvaguardare i valori democratici opponendosi alle violazioni dei diritti umani in Cina».

La protesta del Falun Gong

Contemporaneamente, una ventina di persone hanno trascorso la mattinata del 25 agosto nei pressi della Farnesina per protestare in maniera pacifica e ordinata contro la persecuzione del Falun Gong in Cina, praticando i caratteristici esercizi dai movimenti lenti ed esponendo striscioni per denunciare i crimini del regime comunista cinese.https://27dbc9f7a74bf30430a6eaf1e8b9c77c.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Il Falun Gong è una disciplina di meditazione e miglioramento interiore basata sulla coltivazione dei principi di verità, compassione e tolleranza; negli anni ’90 era diventata molto diffusa e praticata in Cina, finché l’allora segretario del Partito Comunista Cinese Jiang Zemin ha lanciato una campagna di repressione per sradicarla dal Paese. Tuttavia, si stima che ancora oggi milioni di cinesi continuino a praticare questa disciplina in Cina, nonostante la persecuzione.

Dall’altro lato del Ministero, i membri della delegazione parlamentare hanno fatto diversi riferimenti alla persecuzione dei praticanti del Falun Gong in Cina. L’ambasciatore ed ex ministro degli Esteri Giulio Terzi di Sant’Agata ha espresso «solidarietà a tutte le componenti e le minoranze etniche, religiose, culturali della Cina, in particolare in Tibet, in Xinjiang, e ai 100 milioni di membri del Falun Gong perseguitati dalla fine degli anni ‘90».

Una foto del sit-in dei praticanti della Falun Dafa nei pressi della Farnesina, il 25 agosto 2020, Roma. (Epoch TImes)

Negli ultimi 21 anni le milioni di persone che praticano il Falun Gong in Cina sono state perseguitate con ogni mezzo: dalla martellante propaganda diffamatoria sui giornali, le radio e le televisioni del regime, ai licenziamenti forzati, fino ad arresti di massa, torture e detenzioni illegali nei campi di lavoro e nei centri di lavaggio del cervello. Ad oggi, il sito Minghui.org, che raccoglie da molti anni documenti e testimonianze sulla persecuzione in Cina, ha potuto confermare che oltre 6 mila praticanti del Falun Gong hanno perso la loro vita a causa delle torture subite; ma il numero reale delle vittime non può che essere molto più alto, per via della grande difficoltà con cui le informazioni sensibili escono dalla Cina.https://27dbc9f7a74bf30430a6eaf1e8b9c77c.safeframe.googlesyndication.com/safeframe/1-0-38/html/container.html

Il prelievo forzato di organi

Uno degli striscioni esposti durante il sit-in organizzato dai praticanti del Falun Gong davanti alla Farnesina riportava la scritta: ‘Stop al prelievo forzato di organi in Cina’. L’inquietante slogan si riferisce al fatto che in Cina persone innocenti detenute per la loro fede come i praticanti del Falun Gong, i tibetani, gli uiguri e i cristiani indipendenti, vengono uccise sistematicamente dal regime comunista per i loro organi, così da alimentare il ‘fiorente’ mercato dei trapianti.

Nel corso degli ultimi 15 anni le prove di questo crimine si sono accumulate incessantemente: dalle confessioni dirette di medici che hanno effettuato le operazioni, alle significative testimonianze dei sopravvissuti ai campi di lavoro, fino alle inchieste telefoniche condotte sotto mentite spoglie da ricercatori all’estero che inchiodano i medici e altre autorità del regime coinvolte in questo crimine. Per non parlare delle indagini condotte da ricercatori indipendenti sui dati pubblicati ufficialmente dalle autorità competenti e dagli ospedali cinesi, che mostrano un aumento vertiginoso nel numero dei trapianti registrati ufficialmente a partire dagli anni 2000: un aumento per nulla proporzionale all’aumento dei donatori nel Paese.

A fronte di queste e molte altre prove, lo scorso anno il China Tribunal, un tribunale internazionale indipendente, ha sentenziato all’unanimità che in Cina i prigionieri di coscienza sono stati e continuano a essere uccisi per i loro organi «su scala significativa».

La minaccia Huawei

Tutti si aspettavano che i due ministri degli Esteri avrebbero discusso del lancio della tecnologia 5G di nuova generazione in Italia e del potenziale coinvolgimento del gigante cinese delle telecomunicazioni Huawei. Ma Di Maio non ha fatto alcun riferimento all’azienda durante la conferenza stampa.

Attualmente, Huawei è stata bandita dalle reti 5G di Stati Uniti, Australia e Regno Unito. L’Italia non ha imposto restrizioni all’azienda, ma recentemente Huawei è stata esclusa da una gara d’appalto di Telecom Italia per la fornitura della tecnologia per una rete 5G in Italia e in Brasile.

A questo riguardo, l’ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata ha pronunciato parole pesanti: «Sul tema della sicurezza è già stato detto dagli onorevoli parlamentari quanta preoccupazione c’è, e lo si legge sulla stampa ma lo si sente nelle formazioni politiche, in Parlamento, lo si sente soprattutto tra i nostri partner atlantici più autorevoli, non solo gli Stati Uniti, lo si sente in Europa, quanta preoccupazione c’è per questo surrettizio infilarsi di uno spostamento radicale del centro di gravità della politica estera di sicurezza italiana all’esterno dell’alleanza atlantica. Questi non sono giochi che si possono fare in un sottoscala o sottoterra, sono questioni di fondamentale importanza per il Paese e per tutto il popolo italiano, devono essere affrontate e discusse in Parlamento in un’atmosfera serena e aperta».

Sempre durante la conferenza stampa di martedì mattina, Nathan Law ha dichiarato: «Il regime autoritario più potente del mondo rappresenta una minaccia per le democrazie, anche a causa dell’infiltrazione e dell’influenza delle sue imprese statali come Huawei. Se infrastrutture come le telecomunicazioni, i porti, o anche l’industria nucleare sono controllate o sono di proprietà di aziende cinesi, allora questo comporterà un grave pericolo per il Paese».

©2024 Giulio Terzi

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