L’Isis rappresenta una variante ideologicamente distinta nell’Islam, una vera e propria evoluzione del Qaedismo. I crimini orrendamente spettacolari, lo sfruttamento del web, l’addestramento militare, la creatività nella gestione finanziaria, si sono combinati con l’estremismo religioso e messianico, l’assoluto rifiuto del negoziato e del dialogo e la volontà di genocidio. Un fondamentalismo che rende l’Isis “costituzionalmente” incapace di evolvere anche se minacciato di estinzione perché – secondo coloro che si definiscono “veri credenti” – il Califfato è “l’unico rifugio dei musulmani”. L’Occidente è il principale nemico: buoni conoscitori del mondo musulmano ritengono che l’ascesa dello Stato islamico somigli per certi versi a fenomeni di sottomissione collettiva verificatisi in Occidente ad opera di psicopatici come David Koresh e Jim Jones, leaders dei “Davidians” e del “Peoplès Temple”, istigatori di crimini rituali e suicidi collettivi. Ci troviamo quindi in una vera e propria “situazione di guerra”? Secondo la Francia si: “La Francia è in guerra contro lo Stato islamico”, ha dichiarato il giorno dopo gli attentati di Parigi il Presidente Hollande, reagendo con un insieme di misure da “stato di emergenza” e disponendo lo spiegamento della portaerei Charles de Gaulle nel teatro operativo siriano, con una forte intensificazione dei bombardamenti francesi in Siria contro lo Stato Islamico, ottenendo la significativa collaborazione militare della stessa Germania, che ha inviato unità di appoggio alla portaerei francese, e si è mossa nel quadro di un’intensificata campagna anti-ISIS guidata dagli Stati Uniti in Siria e in Iraq. Idem per l’Egitto: il “diritto di rispondere in modi e tempi adatti” previsto dalle norme ONU è stato invocato dal Presidente el-Sisi quando sono stati bombardati ripetutamente campi e postazioni dell’Isis in Libia, a Derna, dopo la decapitazione di ventun cittadini egiziani copti. L’intervento è stato immediato, senza attendere né richiedere autorizzazioni internazionali. RIFLETTIAMO: il Qaedismo ha ispirato lo Stato Islamico, ma ne viene sorpassato, perché l’organizzazione di Bin Laden era flessibile, operava in cellule autonome, geograficamente disperse, mentre lo Stato islamico dispone di un *territorio* e di una sua struttura di “Governo”, una burocrazia civile, un apparato militare, un’articolazione suddivisa in Province organizzate. E’ il Califfato che “prende forma”. Nel merito del quadro giudirico che legittima – agli occhi dei suoi aderenti – l’esistenza dell’ISIS, le alleanze dichiarate allo Stato islamico da parte di numerose altre organizzazioni jihadiste sparse per il mondo sono strettamente legate alla credibilità del “Califfato a base territoriale”. Per questo motivo, da un anno a questa parte *la leadership dell’ISIS ha investito tanto sulla Libia quale possibile e necessaria alternativa a un eventuale ripiegamento dalla Siria e dall’Iraq*. In questa situazione – e anche alla luce del nuovo allarme terrorismo lanciato per l’Italia in questi giorni dai nostri Servizi segreti – non si dovrebbe forse riconoscere che la lotta all’ISIS dovrebbe essere perseguita da una “coalition of the willing” legittimata non soltanto dalle Risoluzioni del Consiglio di Sicurezza dell’ONU contro il terrorismo, ma anche in senso più ampio da un uso della forza consentito a titolo di legittima difesa dall’articolo 51 dello Statuto delle Nazioni Unite…? NE DISCUTEREMO con gli studenti dell’Università Bocconi di Milano questo lunedì 07 marzo alle h 14:15 (aula N-06) in occasione dell’evento “Le guerra al terrore: le dinamiche diplomatiche nella lotta al terrorismo”, organizzato da “Aleph – Analisi Strategiche”. I membri della community sono certamente invitati (cercatemi per un saluto di persona!), ma nell’attesa…DITE LA VOSTRA!
Isis: dalla Siria, alla Libia… all’Italia?
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